Quante sofferenze si nascondono negli “incagli”? / How Many Non-Performing Loans Are Hidden in the “Unlikely to Pay”?

Testo dell’articolo pubblicato il 14.08.2016 su “Il Sole 24 Ore”,  nella rubrica “Alla luce del Sole” / Article written for “Il Sole 24 Ore“. (English translation below)

La settimana scorsa ho spiegato come il futuro dell’Italia dipenda dal valore delle sofferenze bancarie. In realtà, il problema non si limita alle sole sofferenze, ma anche ai cosiddetti incagli, oggi ridenominati “inadempienze probabili” (IP). La Banca d’Italia definisce le sofferenze come crediti la cui riscossione non è certa perché i soggetti debitori sono in stato di insolvenza o in situazioni equiparabili. Le IP rappresentano esposizioni nei confronti di soggetti in situazione di difficoltà obiettiva ma temporanea.

Anche in un mondo ideale, separare le sofferenze dalle IP è difficile. Se viene aperta una procedura fallimentare, non ci sono dubbi. Fino a quel momento, la tentazione di considerare come temporanea una difficoltà di pagamento è molto forte. Questa tentazione è aumentata dalle regole sugli accantonamenti. Una sofferenza richiede un accantonamento intorno al 60%, un’IP al 30%. La differenza è enorme. Prima dell’operazione con Atlante, Monte Paschi di Siena (MPS) aveva €27,7 miliardi di sofferenze lorde (in bilancio al 37% del valore nominale) e €16,9 miliardi di IP lorde (in bilancio al 71% ). Per ogni miliardo di sofferenze che MPS riesce a classificare come IP evita accantonamenti (e quindi perdite) per €341 milioni. Quando la tentazione di piegare le regole è così forte, possiamo fidarci di questa classificazione?

Questa fiducia è fondamentale per valutare un piano di intervento per il sistema bancario italiano, perché oltre ai €200 miliardi di sofferenze ci sono €160 miliardi di IP. Se queste IP valgono il 40% invece dell’70% cui sono state inscritte a bilancio, il sistema bancario ha bisogno di €48 miliardi di capitale per ripianare le perdite su IP, cui si aggiungono alle decine di miliardi necessari per colmare le perdite sulle sofferenze. Come possiamo sapere se le IP sono sofferenze nascoste o sono veramente casi di temporanea illiquidità?

Un rapporto ispettivo di Banca d’Italia del luglio 2013 ci dice che quando furono esaminate €8,5 miliardi di IP (allora chiamate incagli), il 35% fu riclassificato come sofferenza, con un aumento degli accantonamenti dal 19% al 36% del valore iniziale. L’analisi era su un campione mirato, dove gli ispettori si aspettavano di trovare maggiori problemi, quindi non è necessariamente rappresentativo. Come possiamo stabilire un valore probabile?

Ancora una volta l’esperienza del Banco di Napoli ci può venire in aiuto. Poco prima di essere trasferiti alla “bad bank”, i crediti deteriorati furono ispezionati da Banca d’Italia. Le sofferenze furono raddoppiate, gli incagli triplicati. Ciononostante, Banca d’Italia non sembra essere stata troppo severa, anzi. Dopo 20 anni il valore delle sofferenze recuperate è stato di €2,6 miliardi, pari al 56% del valore nominale, mentre il valore delle IP recuperate di €1,7 miliardi, pari al 58% del valore nominale.

Ovviamente non conta solo la percentuale del recupero, ma anche il tempo e il costo. Dai dati di bilancio non è facile disaggregare il costo, ma quanto al tempo, dopo 9 anni le sofferenze avevano recuperato solo il 33% del valore iniziale, mentre le IP già il 51%. Se usiamo i valori realizzati dei tassi di interesse e delle quantità recuperate come previsioni, possiamo calcolare il valore di sofferenze ed IP al momento della creazione della bad bank. Con un premio per il rischio di 500 punti base, il valore delle sofferenze sarebbe stato del 22% del nominale e quello delle IP del 32%. A questi valori il MPS dovrebbe sopportare ulteriori €6,6 miliardi di svalutazioni e il sistema bancario italiano nel suo complesso avrebbe bisogno di €102 miliardi in più di capitale da raccogliere.

Come ho spiegato la settimana scorsa, l’esperienza della bad bank del Banco di Napoli non rispecchia necessariamente quello che capiterà ai crediti deteriorati oggi: ma è più facile che sbagli per ottimismo che per pessimismo. In ogni caso, mette in luce come il problema non sia solo MPS. È un problema sistemico, che il governo non può risolvere con interventi ad hoc.

Qui di seguito i link ai precedenti articoli della Rubrica “Alla Luce del Sole”: 

– Cosa Insegnano ad Atlante le Sofferenze del Banco di Napoli 
– Le Operazioni di Sistema sono Aiuti di Stato?
– Aguzzate la vista
L’azione di responsabilità è fondamentale per ricostruire la fiducia nelle banche Italiane
Deutsche Bank e Monte Paschi: similitudini e differenze
– Salvare le banche per far ripartire l’economia
– L’importanza di un Buon Piano di Successione e il Ruolo del Consiglio di Amministrazione 
Le Occasioni Mancate dell’Ufficio Studi Bankitalia
– Cosa fare per evitare che il “decreto banche” diventi solo un regalo alle banche
– Le Assicurazioni, Atlante e la Tutela dei Risparmiatori
– Etica e integrità dei vertici per controllare i rischi 
– Le Responsabilità della Consob sulle Obbligazioni Subordinate
– Gli stipendi degli AD e quei paracadute troppo grandi

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Last week I explained how Italy’s future depends on the value of banks’ non-performing loans (NPLs). In fact, the problem is not limited only to the narrowly-defined NPLs (sofferenze), but also to the “unlikely to pay” (UP) (once called “incagli” and now renamed “inadempienze probabili”. The Bank of Italy defines narrow NPLs as credits whose collection is uncertain because the debtor is insolvent or in similar situations. UPs represent exposure to people in situations of objective – but temporary — difficulty to pay.

Even in an ideal world, separate the UPs from the NPLs is hard. If bankruptcy proceedings are under way, there is no doubt. Until that time, the temptation to regard as a temporary an inability to pay is very strong. This temptation is increased by provisioning rules. NPLs require to book a loss of around 60% of the value of the loan, UPs of only 30%. The difference is huge. Before the transaction with the Atlante Fund, Monte Paschi di Siena (MPS) had € 27.7 billion of gross NPLs (booked at 37% of the nominal value) and € 16.9 billion of gross UPs (reported at 71% of nominal value). For every billion of NPLs that MPS classifies as UPs, it can avoid provisions (and therefore losses) for € 341 million. When the temptation to bend the rules is so strong, can we trust this classification?

This confidence is essential to evaluate a plan for the Italian banking system, because in addition to the € 200 billion of narrowly defined NPLs there are € 160 billion of UPs. If these UPs are worth 40% rather than the 70% they have been booked at, the banking system needs €48 billion of capital to cover the UPs’ losses, in addition to the tens of billions needed to compensate for the losses on the narrowly defined NPLs. How can we know if the UPs are hidden NPLs or are really cases of temporary illiquidity?

A July 2013 report of the Bank of Italy tells us that 35% of the €8.5 billion of UPs examined was reclassified as NPLs, increasing the provisioning from 19% to 36% of the initial value. The inspection was targeted towards problems banks, where inspectors were expecting to find more misclassifications, so it is not necessarily representative. How can we establish a probable value?

Once again the experience of Banco di Napoli can come in handy. Shortly before being transferred to the “bad bank”, impaired loans of Banco di Napoli were inspected by the Bank of Italy. The narrowly-defined NPLs were doubled, the UPs tripled. Nevertheless, the Bank of Italy does not seem to have been too severe. After 20 years the value of recovered NPLs amounts to €2.6 billion, accounting for 56% of the nominal value, while the value of recovered UPs is €1.7 billion, or 58% of the nominal value.

Of course, the percentage of recovery is not the only dimension that matters: time and recovery costs matter as well. From the financial statements it is not easy to disaggregate the recovery cost for NPLs and UPs, but we can distinguish the timing. After nine years the narrowly-defined NPLs had recovered only 33% of the initial value, while the UPs already 51%. If we use the actual values for the interest rates and amounts recovered as forecast, we can calculate the value of NPLs and UPs at the time of the creation of the bad bank. With a risk premium of 500 basis points, the value of the NPLs would have been 22% of the nominal and of the UPs 32%. At these values, MPS should bear additional € 6.6 billion of write-downs and the Italian banking system as a whole would need to raise € 102 billion more capital.

As I explained last week, the experience of the bad bank of Banco di Napoli does not necessarily reflect what will happen to non-performing loans today, yet it is more likely to overstate than understate the value of these bad loans. In any case, it highlights how the problem is not only MPS. It is a systemic problem, which the government cannot solve by ad hoc interventions.