Testo dell’intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano il 3.01.2017, a cura di Carlo Di Foggia.
“Senza una commissione d’inchiesta sul sistema bancario, l’Italia è condannata a ripetere gli errori del passato”. Dall’Università di Chicago, dove insegna Finanza, l’economista Luigi Zingales lancia un appello alla classe dirigente ora che il governo ha approvato il soccorso al Monte dei Paschi (e non solo).
Perché una commissione?
Se usi soldi pubblici per le banche devi evitare che passi l’idea di voler proteggere gli errori del passato. In Italia nessun manager paga: eliminiamo il sospetto, o l’erosione della fiducia nelle istituzioni esploderà. Ma soprattutto per capire cosa è andato storto ed evitare che accada in futuro.
Il Parlamento è diviso e molte forze politiche tentennano.
Nei Paesi seri dopo un disastro si fa così. Io ne auspico una con esperti indipendenti, soprattutto internazionali, con potere di interrogare le persone sotto giuramento e farsi consegnare documenti riservati. Sarebbe meglio che non fosse composta da parlamentari, per evitare strumentalizzazioni, ma deve riportare al Parlamento che le dà il mandato, come negli Usa.
Perché non la si fa?
Hanno tutti paura di cosa si può scoprire.
Che cosa?
Con la recessione che l’Italia ha avuto è fisiologico che gli istituti di credito abbiano subito grossi danni. Ma qual è stato il suo peso nella crisi bancaria: il 30, il 70, il 90%? Se scopriamo che una parte rilevante è dovuta alla mala gestione allora dobbiamo capire come è nata e come evitarla in futuro. Se i disastri dei manager nascono anche da una vigilanza che ha sbagliato o non aveva strumenti per intervenire. Per esempio, Bankitalia non ha imposto a Mps di fare una due diligence su Antonveneta perché non poteva o non ha voluto? Le istituzioni hanno i potrei per operare correttamente Errore di singoli o di una visione sbagliata del mondo?
Con 60 miliardi di bond subordinati venduti alle famiglie è difficile credere che non abbiano responsabilità.
Vendere bond alla piccola clientela era considerato da Banca d’Italia un elemento di forza del nostro sistema bancario. Io ricordo i report entusiasti. Le autorità, Consob compresa, hanno preferito la tutela della stabilità finanziaria a quella dei risparmiatori. Ma è stato un errore dei vertici o di sistema?
Che differenza fa?
Enorme. Con una situazione così, quando le regole Ue stavano cambiando – imponendo di accollare i costi dei salvataggi anche agli obbligazionisti – bisognava prepararsi. O fai fuoco e fiamme e le blocchi, o forzi le banche a ricomprarsi i bond. Cosa lo ha impedito?
Bankitalia ha detto, a disastro avvenuto, che si oppose a livello europeo ma senza successo.
L’esecutivo che ha contrattato la direttiva sul bail-in aveva al Tesoro l’ex dg di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, massima autorità del settore e ben conscio del problema. Se è vero che è stato fatto tutto il possibile è ancora peggio. C’è un rischio devastante per l’economia italiana e non riusciamo a imporre le nostre ragioni a Bruxelles? Allora dovremmo chiederci se abbia senso per l’Italia stare in un’unione monetaria in cui non riesce a difendere le sue ragioni.
Su Mps Renzi e il ministro Padoan hanno perso 6 mesi dietro a Jp Morgan. E il problema è esploso dopo il referendum.
In quei mesi Mps ha perso 14 miliardi dai depositi. Sarò un illuso, ma oltre al calcolo elettorale temo ci sia stato una grossa incapacità nel comprendere l’entità del problema, noto da gennaio 2016: servono 50 miliardi per il settore, non 20, e non c’è necessariamente bisogno della Troika. Il bubbone bancario rischia di trascinare l’Italia a fondo. Va cambiato anche il modello di governance e di controllo interno degli istituti.
Cosa dovrebbe fare lo Stato azionista di Mps?
Un’indagine interna da rendere pubblica. E spieghi cosa intende fare, a cominciare dall’ad Morelli: è stato portato lì con una missione e ha fallito. Per stile, come minimo, dovrebbe dimettersi.