“Un’analisi dell’euro senza santi né eroi.” Così la corrispondente da Berlino de La Stampa Tonia Mastrobuoni ha definito il mio libro Europa o No. Ed è una definizione che mi è piaciuta molto, perché coglie nel segno le ragioni per cui ho scritto il libro. Fornire un’analisi il più possibile obiettiva dei costi e benefici dell’euro. Purtroppo in Italia ci sono due fazioni: i pro euro e gli anti euro. Mediamente entrambe le fazioni capiscono poco sia dei costi che dei benefici della moneta unica e ripetono in modo pappagallesco degli slogan.
Se proprio uno deve giudicare, i meno impreparati sono gli anti euro. Almeno hanno studiato quali sono i costi della moneta unica. Ma per molti di loro uscire dall’euro non è il solo obiettivo: vogliono anche l’uscita dall’Europa, il finanziamento monetario di tutti i deficit pubblici, il protezionismo, le restrizioni ai movimenti di capitale, etc.
Dal mio punto di vista il problema del dibattito sull’euro è proprio che le critiche all’euro sono state lasciate in regime di monopolio agli estremisti di destra e di sinistra. Invece di essere confutati, costoro sono stati demonizzati. E siccome gli elettori non sono stupidi, questa demonizzazione non fa che creare consenso a favore degli anti euro Con il rischio che la fine dell’euro comporti anche la fine dell’Europa e la fine del mercato unico.
Per questo ho scritto Europa o No: per non lasciare agli anti euro il monopolio delle critiche (spesso giuste) all’euro, né il monopolio delle proposte di cambiamento. Dopo aver partecipato a numerosi dibattiti pubblici e televisivi posso dire con certezza che c’è una generale povertà di idee ed una rassegnazione all’ineluttabilità dell’esistente. Io penso che si possa e si debba cambiare, tanto in Italia quanto in Europa. Basta volerlo. Al pessimismo della ragione, contrappongo l’ottimismo della volontà. Spero che questo ottimismo sia contagioso e spinga non solo un’analisi critica dell’euro, ma soprattutto un consenso per rendere l’euro sostenibile.
Buonasera dottor Zingales,
sono una di quelle che vorrebbero:
– uscire dall’euro,
– la separazione fra le attività di banca d’investimento e quelle di banca commerciale,
– il ritorno a una regolamentazione dei mercati (dal momento che si sono dimostrati efficienti solo a gonfiare bolle e a far valere la legge della prepotenza che depaupera la società)
– la ricongiunzione tra Tesoro e Banca d’Italia
– una politica economica “anticiclica” (VERAMENTE espansiva)
Preciso che non vorrei “il finanziamento monetario di tutti i deficit pubblici”, ma invece che gli stati smettessero:
– di socializzare le perdite private, delle banche in primis,
– di svendere preziosi asset pubblici
– di favorire l’appropriazione di ricchezza di una ristrettissima cerchia di attori che invece di produrre ricchezza la sottraggono alla collettività.
Ma soprattutto mi duole constatare come sia caduto nel luogo comune per cui chi è critico nei confronti dell’euro sia necessariamente un estremista (tranne lei, naturalmente).
Al contrario una larga parte di eurocritici lo è proprio perché crede nella democrazia (con tutti i suoi limiti) contrapposta ai diktat dei cosiddetti mercati, alla “politica dell’urgenza” finalizzata all’esclusione dei cittadini nel processo decisionale e ai dogmatici “ce lo chiede l’Europa”, entità esistente solo nei discorsi retorici di una classe politica totalmente asservita a un’élite talmente avida e incapace da causare una crisi di dimensioni globali.
Vorrei anche farle notare che la nostra “demonizzazione” non ha per ora creato consenso intorno alla posizione antieuro come lei ha qui previsto, anzi: mai il PD – partito dell’euro per antonomasia – ha ottenuto un tale successo.
Sarà il fallimento del governo Renzi, dovuto tanto alla sua vocazione ultraliberista quanto alla sua nullità nel contesto “europeo” Bundesbank-diretto a risvegliare milioni di italiani dal “sogno”.
Colui che l’ha nominata nel C.d.A di ENI farà la fine di Hollande e i suoi ex-elettori, scoperto il tradimento forse sfogheranno davvero la loro rabbia proprio nell’estremismo. Perché le persone non diventano estremiste per caso: ad ognuno – che sia uomo, partito o moneta – le sue responsabilità.
“Al pessimismo della ragione, contrappongo l’ottimismo della volontà”.
Se accusa negli altri la povertà di idee, forse dovrebbe provare a dire qualcosa di più originale e soprattutto più di sostanza.
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