Atlante 2 non salverà le banche. Roma usi Cdp o chieda un intervento alla UE (intervista)

Intervista a cura di Claudia Cervini pubblicata su Quotidiano – Ed. Nazionale (Nazione Carlino Giorno) il 13 Agosto 2016

Con l’avvio di Atlante 2 le banche italiane possono stare più tranquille?
Risposta. Atlante 2 è una soluzione ingegnosa, ma utilizzabile in casi circoscritti (come Mps) e incorrendo in forti rischi.

Perché?
Il problema delle banche italiane sono le sofferenze (200 miliardi lordi): il nodo reale è capire quanto vengono valutati questi crediti. Di solito sono iscritti a bilancio al 45% del loro valore iniziale. Bene. Atlante 2 comprerà alcune sofferenze di Mps a un valore intorno al 28%. Il fatto è che non si sa quale sia adesso il loro valore di mercato. Il successo dell’operazione è quindi un’incognita.

L’esperienza della Sga impiegata per il recupero delle sofferenze del Banco di Napoli non fu così negativa.
Dopo 20 anni è stato recuperato il 90% circa del prezzo pagato per un valore pari al 55% del credito iniziale. Ma questo valore non tiene conto né delle spese sostenute per raggiungere l’obiettivo (da quelle di gestione alle spese legali) né del tempo trascorso. Quale tasso di interesse sconta questo ritardo? Un altro esempio. Banca d’Italia aveva attribuito alle sofferenze delle 4 banche fallite un valore del 22%. Se il valore reale delle sofferenze oggi è del 22% Atlante è una soluzione in perdita.

Posto che il valore reale di questi crediti ancora non si conosce, quale strada suggerisce?
Prendo a prestito l’esperienza statunitense del 2008: una situazione che ricorda quella dell’Europa di oggi. Nessuno conosceva il valore dei mutui subprime. Come primo tentativo si cercò di salvare il sistema bancario comprando questi mutui a un valore alto – stabilito a tavolino – per mantenere in vita il comparto. Ma fu impossibile creare un mercato omogeneo perché se il prezzo è alto si cerca di vendere le porcherie e di tenere i crediti migliori.

Quindi?
Si scelse di immettere capitali pubblici nel sistema bancario. L’operazione prevedeva l’emissione di azioni con un diritto per gli azionisti a ricomprare questi titoli a un prezzo predeterminato. I soldi pubblici fungevano come garanzia, ma se la banca non riusciva a ricomprarsi le azioni allora lo Stato, di diritto, ne diventava il padrone.

Le regole Ue non permettono all’Italia una simile mossa.
Ci sono due soluzioni. La prima: farlo attraverso la Cdp, che tecnicamente non rientra nel perimetro dello Stato. Si andrebbe incontro a probabili ricorsi Ue, ma intanto il problema verrebbe risolto. La seconda strada è a mio avviso la più efficace: bisogna rivolgersi all’Europa chiedendole un intervento diretto. Questa mossa comporta un costo politico, ma è l’unica efficace. In Spagna ricapitalizzarono così le banche, ricorrendo ai fondi europei.

Ma esiste davvero un rischio sistemico per l’Italia? Le banche (eccetto Mps) hanno superato gli stress test.
Gli stress test hanno riguardato solo gli istituti di maggiori dimensioni e hanno considerato in maniera marginale le sofferenze. Le banche più piccole sono in seria difficoltà.

L’Fmi ha raccomandato all’Italia una sorta di esame anche sulle piccole. Cosa ne pensa?
È un’ottima regola che però, in questo momento, farebbe emergere in modo ancora più chiaro i problemi dell’Italia. Serve prima una garanzia altrimenti si rischia di scatenare il panico.

Oggi un altro cruccio importante delle banche è la redditività.
Le banche italiane hanno un vantaggio: per tradizione fanno più prestiti all’economia reale. Prestiti che, coi tassi a zero, rendono ancora in termini di margini. Gli istituti solidi e capaci di fare credito selettivo cresceranno ancora e faranno profitti. Molte banche, invece, andranno chiuse e si assisterà a una forte riduzione del personale.

Basta aspettare: il governo segua l’esempio USA e intervenga

Intervista a Eugenio Occorsio, pubblicata su “La Repubblica” il 4.08.2016

«La situazione è così drammatica che non è più possibile perder tempo con soluzioni tampone caso per caso. Si rischia di andare all’infinito, ogni mese si apre una crisi. Servono decisioni forti, rapide e decisive. È il momento di un intervento statale per salvare le banche».
Per Luigi Zingales, economista della University of Chicago, non bastano momentanei picchi di mercato: «Il problema è così vasto e profondo che va risolto in modo definitivo. A mali estremi, estremi rimedi».

Prima obiezione: Bruxelles?
«L’Europa blocca gli interventi selettivi, mirati, anticoncorrenziali. Qui va fatto un intervento di sistema, un’iniezione di capitale diffusa e massiccia in tutte le banche, anche quelle sane, che permetta di seppellire la questione delle sofferenze e riattivare il credito. I soldi potrebbero venire dal Fondo salva-Stati che intervenne in Spagna».

Con pesanti cessioni di sovranità, però.
«La sovranità l’abbiamo già persa visto che dobbiamo contrattare ogni minima misura. Ma l’Europa nasce dall’idea di cedere sovranità: ci diciamo europeisti o no?».


Ci vuole un aiuto pubblico per gli istituti in difficoltà.
Sarebbero necessari 40-50 miliardi. 


Di quali cifre parliamo?
«Di 40-50 miliardi. Se non possiamo contabilizzarli come debito, intervenga la Cdp che da tale perimetro è fuori. L’esperienza americana è di guida. Il fondo Tarp da 800 miliardi creato dal ministro Paulson nel 2008, dapprima cercò di intervenire sui mutui subprime, l’equivalente delle nostre sofferenze, ma presto capì che era impossibile perché, come le sofferenze, era inestricabile la giungla delle garanzie, delle situazioni, insomma non si capiva il valore anche se i titoli erano già stati cartolarizzati. A maggior ragione il problema c’è in Italia dove le cartolarizzazioni bisogna farle ora: fatica a nascere un mercato di questi titoli perché non è chiara la qualità delle garanzie dietro le sofferenze. Negli Usa, si decise di intervenire direttamente nel capitale delle banche. E fu la soluzione della crisi».

Quali le modalità d’intervento?
«Come in America si emettono delle “preferred shares”, diverse dalle nostre privilegiate, e si entra in proporzione nel capitale di tutte le banche. Le azioni recano una clausola di redimibilità a valore predefinito. Dopo un anno le banche sane ricomprano le “preferred” pagando gli interessi allo Stato, in quelle che non ce la fanno le azioni precedenti si azzerano e le “preferred” si trasformano in ordinarie. Questa sì che è un’operazione di mercato, la selezione la fa il mercato».

Una nazionalizzazione bella e buona?
«Un investimento statale importante, probabilmente senza precedenti, nel settore bancario. A quel punto le banche sono abbastanza forti da poter riassorbire in bilancio le sofferenze».

Niente più Atlante e simili?
«C’è un rischio in questi fondi perché subappaltano la riscossione dei crediti alle agenzie di recupero che spesso usano metodi odiosi, con pesanti conseguenze sul piano sociale e politico».

Le Operazioni di Sistema sono Aiuti di Stato?

Il mio articolo si basava sulle informazioni presenti sulla stampa sabato 30 luglio. Nella notte era uscito un comunicato di MPS non accessibile a persone residenti negli Stati Uniti.  Il comunicato chiarisce alcuni punti, di qui l’aggiornamento e le parziali modifiche che trovate alla fine dell’articolo stesso.

Il Governo Renzi sembra aver messo insieme una complessa operazione di sistema per prevenire (o rimandare) il bail-in di Monte Paschi, gravato dalle sofferenze e “bocciato” agli stress test della European Bank Authority. Stando a notizie di stampa, il governo avrebbe trovato dei capitani coraggiosi disponibili ad investire fino a 3 miliardi di euro in un nuovo fondo: Atlante 2. Questo fondo prenderebbe a prestito altri 7 miliardi per comprare i 27 miliardi di sofferenze lorde di MPS ad un prezzo pari a circa un terzo del valore nominale (si parla del 32%), quando Bankitalia per simili sofferenze di Banca Etruria ha utilizzato il 17.6%, poi rivisto al 22.4%.  Anche con la valutazione più generosa di Bankitalia si tratterebbe di un regalo a MPS di 2.6 miliardi, ovvero (0.32-0.224)*27 . Incassato questo vantaggio, MPS sarebbe in grado di raccogliere 5 miliardi di capitale tramite l’emissione di nuove azioni. Il consorzio di collocamento sarebbe già pronto, anche se la data rimane incerta come incerta è la garanzia a fermo.

L’operazione è stata celebrata come “di mercato” e in quanto tale si pensa non incapperà nelle restrizioni agli “aiuti di stato” proibiti dalle regole europee. Ma cosa significa operazione di mercato? Perché mai dovrebbe essere organizzata da un governo? Può un’operazione “di sistema”, come dichiaratamente è Atlante 2, esser anche “di mercato”?

Il sito della Commissione definisce come aiuto di stato “qualsiasi vantaggio conferito in modo selettivo a delle imprese da un’autorità pubblica nazionale.” Specifica poi le condizioni perché un’operazione sia considerata aiuto di stato: ci deve essere l’intervento dello Stato, deve esserci un vantaggio conferito in modo selettivo e questo vantaggio deve avere il potenziale di distorcere la competizione e di influenzare l’interscambio tra stati membri.

In questo caso non c’è dubbio che ci sia stato l’intervento dello Stato, e non tanto per la partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti, ma per gli incontri diretti che il Presidente del Consiglio ha avuto con i principali investitori, da Oliveti (Presidente dell’Associazione casse di Previdenza) a Donnet , AD di Generali, per finire a Jamie Dimon, AD di JP Morgan.

Ci sono pochi dubbi che in queste riunioni siano stati concessi dei favori in modo selettivo. Oliveti ha snocciolato le condizioni richieste a Renzi sulle pagine del Sole, forse per placare la rabbia degli associati. Non è dato sapere quali favori siano stati promessi a Donnet e Dimon, ma se non avessero ricevuto alcun favore in cambio dell’impegno ad acquistare intorno a 32 quello che la Banca d’Italia aveva valutato a 22.4, dovrebbero essere licenziati immediatamente dai rispettivi consigli.

Non sussiste dubbio neppure sul fatto che quest’operazione alteri la competizione. Le stesse condizioni non sono state offerte alla Banca Popolare di Vicenza o a – a suo tempo – a Banca Etruria.  Alterando in modo selettivo la capacità delle banche di sopravvivere, è probabile che l’intervento alteri lo scambio di servizi bancari tra stati.

Il problema non è specifico di Atlante 2, ma vale per tutte le operazioni cosiddette “di sistema”. La definizione stessa implica una violazione dei principi del mercato, dove gli agenti operano in modo autonomo e in competizione tra loro.

Le operazioni di sistema sono di gran lunga peggiori di un intervento diretto dello stato. Quando un governo interviene direttamente, almeno deve spiegare agli elettori gli obiettivi, i costi, e i potenziali benefici, pagandone il costo politico. Nelle operazioni di sistema, invece, né gli obiettivi né i costi sono trasparenti, con il rischio che i costi siano superiori ai benefici e che gli obiettivi invece che sociali (rimettere in moto l’economia), siano personali (la sopravvivenza di un governo). 

Il rischio maggiore è che gli obiettivi politici prevalgano su quelli economici. Che senso ha rimandare l’aumento di capitale di MPS? Esiste il rischio concreto che le condizioni di mercato girino o che si scopra che anche i crediti dubbi (altri 19,5 miliardi) valgano meno del 71% del valore facciale a cui sono stati iscritti a bilancio. Ma soprattutto in questi mesi MPS sarà paralizzata e non farà nuovi prestiti, rallentando l’economia.

Nel 2008 io ho criticato l’intervento statale disegnato dal Ministro del Tesoro Paulson come il peggiore possibile. Devo ricredermi. In Italia noi riusciamo a fare peggio.

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Aggiornamento di Lunedì 1 Agosto 2016

Il comunicato MPS chiarisce alcuni punti:

  1. Il prezzo pagato da Atlante per le sofferenze è il 27%. Nella cartolarizzazione dei crediti, gli azionisti di MPS ricevono una tranche junior, valutata il 6%. Così facendo si può dire che le sofferenze sono valutate al 33%. Questo escamotage sembra essere disegnato per creare per le sofferenze bancarie un benchmark fittiziamente alto, per evitare che a questi prezzi delle sofferenze altre banche risultino insufficientemente capitalizzate.
  2. MPS ipotizza che una tranche senior di queste sofferenze per un valore fino a 6 miliardi sarà collocata sul mercato. Atlante acquisterà per 1.6 miliardi la tranche successiva, che riceverà un pagamento solo se la quota senior sarà totalmente rimborsata. Di fatto è come se il fondo Atlante comprasse a leva, ma prendendo a prestito 6 e non 7 miliardi.
  3. La tranche senior, una volta che ha ricevuto un investment grade rating, sarà garantita dallo stato.
  4. Il fondo Atlante riceve un warrant per il 7% dell’equity dopo l’aumento di capitale.

Senza il valore del warrant — le cui condizioni sono ancora da determinare — il regalo a MPS è di 1.2 miliardi, invece dei 2.6 miliardi calcolati nel mio articolo. Rimangono valide tutte le altre considerazioni.