Sul ruolo delle crisi, il “peccato originale” e il Manifesto di Ventotene

Un lettore ha sollevato tre domande molto interessanti. Mi auguro che ne sollecitino altre. Intanto eccole, insieme alle mie risposte.

1)   Non capisco l’affermazione “L’Europa progredirà grazie alle crisi”, ripresa dallo stesso Prodi; intendo dire, perché i Governi hanno la spinta a fare riforme solo con le crisi, pur sapendolo a priori?

È un’ottima domanda, che si sono posti in molti in letteratura. La risposta prevalente è che i governi agiscono in modo miope sotto la pressione elettorale del momento, mentre gli europeisti (menti illuminate) vedono più lontano. Questa teoria non è così assurda come sembra.

Per esempio, se 5 anni fa qualcuno avesse parlato di unione bancaria in un meeting europeo, l’avrebbero preso per pazzo. Oggi questa unione è, almeno in parte, una realtà. Indubbiamente le crisi cambiano i vincoli politici. Quello che non è chiaro è se li cambino sempre nella direzione “giusta”, ovvero di più Europa. Potrebbero cambiarli nella direzione opposta. Marine Le Pen docet.

2)   Inoltre, Lei parla di “peccato originale”; a mio modo di vedere, l’Europa è già nata con un peccato originale, dal momento che, per quanto in buona fede il progetto europeo, nessuno ha chiesto ai cittadini cosa ne pensassero in merito. Questa potrebbe essere una possibile spiegazione per quanto riguarda la difficoltà nel formare una popolazione europea.

Il livello di coinvolgimento popolare nella scelta europea è stato diverso da Paese a Paese. Nel nostro non è stato alto perché tutti (a parole) erano europeisti. Per cui non c’è stato un vero dibattito né una vera presa di coscienza.

Ad essere sinceri, però, la mancanza di consapevolezza non è la causa prima della difficoltà di sentirsi europei. Il vero problema è che manca un’identità di popolo comune. Un inglese si sente molto più vicino ad un americano che ad un bulgaro. E noi ci sentiamo più vicini culturalmente e storicamente alla Turchia che alla Finlandia. È difficile creare uno Stato senza un concetto di popolo sottostante. Come ho scritto nella mia colonna sull’Espresso questa settimana (http://espresso.repubblica.it/opinioni/libero-mercato/2014/06/04/news/che-dramma-per-l-euro-non-avere-un-popolo-1.168050) sulle banconote dell’eurozona non ci sono né eroi comuni, né edifici simbolo. I dettagli architettonici non sono tratti da alcun edificio esistente, anche se ne ricordano molti. Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi, scriveva Bertolt Brecht. Io invece dico, beata quella moneta che ha degli eroi condivisi.

3)   Infine, quando parla della nascita del progetto europeo, non cita il Manifesto di Ventotene: unico testo davvero disinteressato e lungimirante nella formazione del percorso di integrazione europea.

Il Manifesto di Ventotene è un bellissimo esempio di visione ideale dell’Europa. Ciononostante, il ruolo che questo manifesto ha avuto nel processo di unificazione europeo è, lo dico da non esperto della materia, dubbio. Nell’ agiografia Italiana il Manifesto di Ventotene è essenziale. In molti testi stranieri, invece, non viene neppure menzionato. Sembra un po’ come Meucci e l’invenzione del telefono. Per senso di nazionalismo ci ostiniamo a dire che fu Meucci e non Bell a inventare il telefono. Ed effettivamente Meucci sperimentò una qualche forma di comunicazione vocale prima di Bell. Tuttavia, dal lato pratico, se Meucci non fosse esistito, nulla sarebbe cambiato per Bell. Mentre, anche senza Bell, Meucci non sarebbe mai arrivato dove è arrivato Bell. Lo stesso vale per il Manifesto di Ventotene e l’Europa. Per questo ho preferito tralasciarlo.

4 pensieri su “Sul ruolo delle crisi, il “peccato originale” e il Manifesto di Ventotene

  1. Sono arrivato al Capitolo 4 del libro e non ho potuto fare a meno di operare una riflessione, circa il debito. Intendo dire, se domattina i mercati volessero la restituzione immediata del debito da Paesi come Italia, Spagna o USA, questi fallirebbero in poco tempo. Allora la mia domanda è: come può, tale situazione, essere sostenibile? Gli unici modi per ridurre il debito sono: aumentare le tasse (già elevatissime in Italia), oppure fare investimenti nel senso di Keynes (correndo il rischio iniziale di un ulteriore indebitamento iniziale, Germania permettendo nel caso italiano). Dal momento che entrambe le strade sono molto difficili da percorrere, i Paesi indebitati sono costretti a stare sempre sotto tiro da parte dei mercati, con la conseguenze che ciò comporta?

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  2. Gentile Prof. Zingales, La ringrazio per le Sue puntuali e preziose risposte.
    Non sapevo che il Manifesto di Ventotene fosse poco considerato dagli stranieri, ma mi scuso per l’ignoranza. Sono uno studente di Economia al primo anno di specialistica, e solo da poco tempo ho cominciato a interessarmi della materia “Europa”, in quanto mi affascina dal punto di vista sociale, politico ed economico questo “esperimento”; anzi, mi dispiace che se ne parli relativamente poco: tutto ciò che so in merito è cultura personale.
    Continuerò a seguirLa, come sempre, oltre che a leggere il Suo libro. Alle prossime domande, che sicuramente non mancheranno.
    A presto.

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  3. Le domande del lettore e le Sue risposte mi hanno portato ad attualizzare 2 riflessioni che ho fatto mentre leggevo intorno al 1900-1950.

    1) Conservazione e continuità non sono affatto la stessa cosa, anche se devono lasciar necessariamente intendere quasi la stessa cosa con diverse sfumature. Non è forse questo che Marine Le Pen ci insegna? Io credo che Le Pen (e Salvini in Italia) siano proprio la prova dell’importanza della CONTINUITA’ (che è quasi come la conservazione) tra vecchio e nuovo. Come 1 chiamata? Come il fare assemblea?

    2) Ogni essere umano (che sia, per convenienza, costretto ad essere animale sociale o agente economico o altro) è fatto da un passato storico e da esperienza.

    Lei scrive:

    “Il vero problema è che manca un’identità di popolo comune. Un inglese si sente molto più vicino ad un americano che ad un bulgaro. E noi ci sentiamo più vicini culturalmente e storicamente alla Turchia che alla Finlandia.”

    Chi lo sa? Who knows?

    3) Senza fare riferimento all’Europa e al Manifesto di Ventotene, c’è una DIFFERENZA tra STORIA e PROCESSO STORICO. Chi fa la storia non è necessariamente chi fa il processo storico. Certamente non si può avere STORIA senza PROCESSO STORICO. Una sbandata della storia dalla strada del processo storico sarebbe mortale. Non avevano forse visto Meucci e Bell allontanarsi mano nella mano? Io non lo so.

    Distinti saluti.

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