L’Eurozona vista da Washington

Molti lettori hanno sospettato che fossi io l’autore dell’anonimo libello. Purtroppo non sono io, ma un importante funzionario di Washington. Dico purtroppo, perché lo scritto è arguto e divertente, e sarei ben lieto di esserne l’autore. Ma soprattutto perché, se l’avessi scritto io, si sarebbe potuto facilmente dismettere come un divertissement letterario. Invece si tratta di un indizio autentico di come viene vista da Washington la situazione europea.

Per aiutare a comprendere l’importanza di questo scritto, voglio sottolineare alcuni punti:

1)Negli anni 90 era entrata in voga l’espressione “Washington Consensus”: una serie di principi economici che il Fondo Monetario imponeva a tutti i Paesi in crisi. Come indicato dallo stesso termine, si trattava di principi condivisi dalla maggior parte dei policy makers presenti nella capitale americana. L’anonimo libello mette in evidenza che questo consenso non esiste più. Le teorie e le proposte sono totalmente ad hoc.

2)Come spesso capita quando manca un consenso concettuale, sono le misure economiche desiderate (e quindi la politica) a suggerire le teorie economiche per interpretare i fatti e non viceversa.

3)Anche a Washington sono stupiti che l’intervento di Draghi nell’estate del 2012 abbia funzionato. Nessuno sa come ripeterlo in caso di necessità. E nessuno sa fino a quando durerà.

4)A Washington sono anche stupiti dell’assenza dal dibattito europeo dell’idea che il debito ha un costo reale e che moderate concessioni da parte dei creditori possono beneficare non solo i debitori, ma anche i creditori stessi (spero Europa o No sia utile a stimolare questo dibattito). Da un famoso articolo di Stewart Myers nel 1977, la finanza aziendale ha riconosciuto come un debito troppo elevato non solo distrugga valore, ma possa danneggiare gli stessi creditori. Se il peso del debito è tale che un’ impresa preferisce non investire, perché il beneficio dei nuovi investimenti andrebbe sproporzionatamente ai creditori, a perderci sono anche i creditori stessi. In altri termini riducendo il valore nominale del debito un creditore può veder aumentare l’ammontare di credito restituito. Ma se è così semplice, perché i creditori non riducono spontaneamente i loro crediti? Perché ci sono molteplici creditori: tutti aspettano che siano gli altri a farlo. Senza un sistema di coordinamento (da cui il riferimento ad una ipotetica riforma del ruolo del FMI nel 2020), la riduzione del debito non avviene e ci perdono tutti.

Negli anni 80 questa idea fu estesa anche ai Paesi. Perché una nazione dovrebbe attuare penose riforme ed ancora più penosi aumenti delle imposte al solo scopo di pagare i creditori esteri? Meglio non far nulla. Non facendo nulla, però, i creditori ci perdono ancora di più. Per questo conviene ad entrambi (creditori e debitori) che ci sia una riduzione del valore nominale del debito.È quanto si fece, con successo, in America Latina negli anni 80. Perché la stessa idea non è stata applicata in Europa? Forse perché in Europa debito = Schuld? O perché si sono usati in modo occulto i soldi dei cittadini dell’eurozona (i futuri signoraggi della BCE), per ripagare le banche tedesche e francesi? Che l’accusa non venga da Beppe Grillo ma da Washington fa riflettere!

5) Ma ancora di più deve far riflettere il finale. Con lo spread a 150 punti base, la crisi dell’eurozona sembra alle nostre spalle. Ma lo è? L’anonimo washingtoniano sembra dire di no. Purtroppo mi trovo d’accordo con lui.

 

4 pensieri su “L’Eurozona vista da Washington

  1. Giusto per capire: nell’era di internet, wikileaks (per di più nel paese che più “soffre” di leaks), un manoscritto che circola solo brevi manu viene ripreso per primo da un professore che 1) non ha incarichi nel Governo US 2) vive a Chicago (quindi non può incapparci neanche incidentalmente). Inoltre non ci sono altre fonti sul web. Bontà sua, professore…

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    • Non ho mai detto che circolasse solo brevi manu. A Washington non c’e’ solo il governo USA, ma anche molte altre organizzazioni. E comunque a Washington, anche se non ci vivo, ci vado spesso.

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      • La domanda di Lybus è lecita, la risposta del professore vaga. Evidentemente la circolazione di questo libello è stata così ristretta da farlo finire solo nelle mani di persone troppo impegnate per prendersi la briga di digitalizzarlo e diffonderlo via Internet. E’ una fortuna che sia capitato anche nelle mani di una persona che aveva il tempo libero sufficiente per digitare il racconto. Bontà sua, professore…

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